ICT in Education
Le nuove tecnologie arrivano a scuola
Dagli anni '90 si è affermata l'idea che le nuove tecnologie della comunicazione potevano essere impiegate nella didattica. Gli studiosi, in tutto il mondo, hanno cominciato a pensare che le nuove tecnologie dovevano essere introdotte a scuola, convinti che questo avrebbe migliorato l'insegnamento. Pensavano che aggiungere alla comunicazione faccia a faccia e scritta quella attraverso i nuovi media, avrebbe creato un ambiente didattico più vivo e stimolante e più adatto alle nuove generazioni.
In effetti, i nuovi media, consentono di utilizzare materiali didattici diversi da quelli tradizionali, come video, audio, immagini e collegamenti online. Gli studiosi vedevano nell'arricchimento del materiale didattico un'opportunità per far partecipare maggiormente gli allievi e tener vivo il loro interesse. Alle convinzioni degli studiosi ha contribuito anche il "panico morale" circa i nativi digitali, diffusosi in quegli anni: riusciremo ad insegnare a nuove generazioni abituate fin dalla nascita a usare i media della seconda esplosione tecnologica? Stimolati dalle convinzioni degli studiosi, alcuni governi, hanno fatto investimenti, anche importanti, per attrezzare le scuole con nuove tecnologie da usarsi nella didattica. E' cominciata la pratica dell'ICT in education, cioè l'Information and Communication Technology nell'insegnamento.
Ma l'ICT in education è efficace?
Nei decenni successivi, le ricerche scientifiche, hanno raffreddato l'iniziale entusiasmo di studiosi e governi. Allo stato attuale, sulla base delle prove scientifiche di cui disponiamo, possiamo dire che nell'istruzione i media di per sé non migliorano la didattica. Semmai, quando non usati bene, la peggiorano. Oggi disponiamo di una mole impressionante di studi, che ci invitano a guardare all'ICT in education con un approccio saggio e pragmatico: le nuove tecnologie sono solo strumenti, che è naturale usare visto che fanno parte del mondo attuale, ma l'efficacia dell'insegnamento dipende dalla qualità della didattica, dalle competenze dei docenti, dall'organizzazione e dal clima scolastico.
L'errore dei primi studi
Quando negli anni '90 in Gran Bretagna sono state introdotte nelle elementari e nelle medie le LIM (le lavagne interattive multimediali), i primi studi indicavano che la didattica migliorava. L'agenzia governativa BECTA (British Educational Communication and Technology Association) sulla scorta di questi studi si è sbilanciata e ha dichiarato pubblicamente che le LIM migliorano insegnamento e apprendimento.
Tuttavia i primi studi erano infondati. Avevano difetti metodologici,dato che ci si limitava a osservare le attività didattiche nelle classi e a intervistare studenti e insegnanti. Erano più indagini di qualità percepita, di customer satisfaction, che studi di qualità per obiettivi, cioè sulla effettiva efficacia della didattica. C'era anche un altro limite: l'indagine durava per un breve periodo, non c'era un monitoraggio nel tempo. Così i risultati rispecchiavano semplicemente l'euforia di docenti e allievi che assistevano all'arrivo delle nuove tecnologie a scuola.
A riprova del fatto che l'euforia poteva aver inciso, c'è uno studio condotto qualche anno più tardi da Steve Higgins e collaboratori sempre in Gran Bretagna. Confrontando i risultati ottenuti in scuole dove erano state introdotte le LIM con altre dove non erano state introdotte, i ricercatori hanno visto che l'effetto migliorativo delle LIM era limitato al primo anno. Nel secondo anno il rendimento era superiore nelle classi dove la LIM non c'era.
La rassegna del 2009
I risultati dei primi studi sono stati contraddetti da molte ricerche successive. John Hattie ha condotto una rassegna, pubblicata nel 2009, su ben 52.000 studi e milioni di studenti di varie parti del mondo, da cui risulta che l'uso delle nuove tecnologie porta nel complesso ad un insegnamento meno efficace di quello tradizionale, seppure con differenze minime. Saggiamente Hattie conclude che non può essere lo strumento tecnologico in sé a garantire il successo della didattica, non basta introdurre a scuola i nuovi mezzi di comunicazione per avere automaticamente allievi più preparati
Indagini istituzionali da prendere con cautela
L'OCSE, l' Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, ogni tre anni svolge un' indagine per valutare l'istruzione nei paesi avanzati: è il programma noto come PISA (Programme for International Student Assessment). Da alcune di queste indagini sembrerebbe che le nuove tecnologie della nuova comunicazione migliorano la didattica. Emerge infatti che i ragazzi che hanno più facile accesso agli strumenti di comunicazione a casa e che frequentano scuole dotate di tecnologie per l'insegnamento hanno livelli di istruzione più alti.
Tuttavia questi dati vanno presi con molta cautela e non ci autorizzano a concludere che l'ICT in education migliora la didattica. Si tratta di semplici indagini correlazionali, dalle quali risulta che c'è una correlazione tra il livello di istruzione e il fatto di disporre di tecnologie a casa e a scuola. I ricercatori hanno lavorato sui dati delle indagini PISA e scorporandoli hanno potuto dimostrare che decisivi sono l'ambiente familiare e l'ambiente scolastico e non le tecnologie in sé. La verità è che i ragazzi che dispongono di tecnologie a casa sono in genere quelli di famiglie più agiate e mediamente più istruite. Inoltre le scuole dove si usano le nuove tecnologie sono più spesso scuole di qualità, di livello più alto e frequentate da studenti di classi più agiate.
In conclusione?
Sembra saggio pensare che le nuove tecnologie della comunicazione debbano essere presenti a scuola. Come dicono Bianchi e Di Giovanni, "sono strumenti della nostra civiltà e sarebbe come minimo strano che la scuola li ignorasse". Tuttavia è ingenuo credere che basti introdurre queste tecnologie a scuola per avere risultati migliori. Al contrario, quando le introduciamo lo sforzo didattico-pedagogico deve essere maggiore, altrimenti i risultati peggiorano.
Ci sono almeno due fronti in cui la didattica deve fare passi avanti. Dobbiamo tener conto del fatto che, nella misura in cui introduciamo le nuove tecnologie, ci troviamo immersi nella dimensione della cognizione distribuita. Non possiamo limitarci al modello classico di didattica in cui il docente che possiede il sapere lo trasmette agli allievi, "riempie i secchi". Dobbiamo adottare anche il modello in cui il docente è in funzione di tutor e insieme agli allievi accede all'immenso patrimonio di conoscenze fuori di noi.
C'è poi la sfida dei nativi digitali. Occorre portare gli allievi a fare un uso capitalizzante delle nuove tecnologie e sviluppare le abilità necessarie per usarle in modo capitalizzante.
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Higgins S., Falzon C., Hall I., Moseley D., Smith F., Smith H., Wall K. (2005) 'Embedding ICT in the literacy and numeracy strategies: Final report.', Project Report. University of Newcastle upon Tyne, Newcastle.
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Hattie J. (2009) Visible learning: a sunthesis of over 800 meta-analyses relating to achievement. London-New York: Routledge.
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Bianchi A., Di Giovanni P. (2015) Dalla scrittura ai social media. Come cambiano le nostre vite. Really New Minds.